Poca Italia ma buona. C’è l’immensa Monica Vitti sul manifesto della 62^ edizione della rassegna di Cannes, di spalle, omaggio a Michelangelo Antonioni (il fotogramma è del 1960, il film è L’avventura). E l’unico connazionale in selezione ufficiale (che comprende Concorso internazionale, Certain Regard, Fuori competizione e proiezioni speciali) è, tra i registi, MarcoBellocchio, grande maestro quasi 70enne che approda in Costa Azzurra con un progetto ambiziosissimo, Vincere .
Uno scavo nella vita di Benito Mussolini, nel giovane non ancora Duce e nella sua vita privata, nell’amore e nel presunto matrimonio (pare che lui ne abbia cancellato ogni traccia) con Ida Dalser. Una storia tragica di una donna innamorata e del loro figlio Benito Albino (interpretato, da adulto, da Filippo Timi, che nel primo “atto” invece dà il volto al giovane Mussolini), disconosciuti e infine internati in manicomio dal regime. A interpretare quest’Antigone del ventennio una determinata e grintosa Giovanna Mezzogiorno, per la grande soddisfazione di Marco Bellocchio che si dichiara “felicissimo del film e dell’impegno fanatico degli attori, ma alla mia età non perderò il sonno per un’eventuale vittoria”. Film storico e politico “ma senza nessun collegamento con l’attuale regime democratico che c’è in Italia, solo che è inevitabile sottolineare come il Duce fu il primo uomo politico a far della sua immagine uno strumento di consenso e potere”.
Ma Bellocchio è solo una delle punte di diamante di una 62^ edizione (13-24 maggio) da far tremare i polsi, soprattutto alla giuria presieduta dalla “dura” Isabelle Huppert. Per i suoi protagonisti, come l’imprevedibile Eric Cantona (dopo Diego Armando Maradona un altro palleggerà sulla Montée de Marche?), prima calciatore e ora attore per Looking for Eric di Ken Loach. Per i suoi temi e i suoi scandali se è vero, come si vocifera, che Antichrist di Lars Von Trier inizia con una scena lunga ed esplicita di sesso estremo tra Willem Dafoe e l’affascinante Charlotte Gainsbourg (si conferma osso duro per le attrici, il danese), conseguenza, forse, di una tragedia. Per la presenza di un solo americano, Quentin Tarantino (che a Cannes si è fatto conoscere con Le iene, ha già vinto con Pulp Fiction e da presidente di giuria si è “permesso” di premiare Michael Moore) con l’attesissimo Inglourious Basterds, pellicola bellica con Brad Pitt e Diane Kruger.
Per l’invasione asiatica, qui in atto da molti anni a dir la verità, che porta in concorso sei film con gli assi Brillante Mendoza, Ang Lee, Park Chan-Wook, Tsai Ming-Liang e l’adrenalinico e caotico Johnnie To. Per i francesi “diversi”, outsider come Audiard (Le prophéte) o Gaspar Noe (Enter the void), il maestro Resnais (Les herbes folles). Per sua maestà Pedro Almodovar, che con Los Abrazos Rotos, ancora con la musa Penelope Cruz, prova a sbancare uno dei concorsi più difficili della storia del Festival. E anche, il che non guasta, per le tre registe in gara, Jane Campion (Bright Star), Andrea Arnold (Fish Tank) e Isabelle Coixet (Map of sound of Tokyo). Una percentuale ancora bassissima, (tre donne su ventidue cineasti, poco più del 10%), ma superiore a i numeri ancora più avvilenti del passato. Insomma, c’è di che leccarsi i baffi, chi vincerà la Palma d’Oro quest’anno, sarà campione tra i campioni.
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Festival de Cannes, 13-24 maggio
